Automobile: ecco il piano di rilancio targato Federauto

Filippo Pavan Bernacchi, Federauto

Un piano di rilancio dell’industria e della mobilità italiana in tre anni: lo ha presentato ieri Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, alla Commissione Industria, commercio e turismo del Senato. Intervenendo al convegno di presentazione della ricerca “Il settore dell’automotive nei principali Paesi europei”, curata da Unioncamere e Prometeia, il numero uno di Federauto ha ribadito i pilastri del piano che consentirebbe di registrare una crescita del +23% in 36 mesi senza gravare sul bilancio dello Stato.

Serve con urgenza una nuova fiscalità sugli autoveicoli sia per i privati sia per le aziende per favorire il rilancio del settore a costo zero per lo Stato”, ha detto ai senatori membri della commissione nella prestigiosa sala Zuccari di Palazzo Giustiniani. Ecco la proposta per ridare ossigeno all’industria auto e la mobilità: un’aliquota Iva agevolata per i privati, con beneficio decrescente, in grado di generare in un triennio 756mila immatricolazioni aggiuntive; il credito o deduzione d’imposta per innescare un’ulteriore domanda di 210mila vetture delle partite iva.

Questo piano consentirebbe allo Stato di incassare maggiori entrate fiscali e ricorrere meno agli ammortizzatori sociali. Ma se non dovesse andare in porto, la richiesta di Federauto al Governo è quella di alleggerire la pressione fiscale sul comparto, come pure eliminare il bollo sulle auto prestazionali. Obiettivo: rinnovare il parco circolante italiano, che oggi conta quasi 11 milioni di vetture inquinanti, e sostenere la filiera auto.

“Negli ultimi 7 anni – ha aggiunto Pavan Bernacchi al convegno del Senato – il comparto della distribuzione ha perso quasi il 50% delle immatricolazioni, con un crollo della domanda dei privati (-53%) e una forte contrazione del numero degli occupati”. Hanno perso il lavoro circa 20mila addetti, 200mila se si considerano anche le Case auto, le officine, i fornitori e l’indotto allargato. “Venti volte in più rispetto al dramma occupazionale dell’Ilva di Taranto – ha concluso il presidente di Federauto – ma nel disinteresse generale”.

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