Due chiacchiere con Massimo Artusi, presidente Federauto

Il 26 marzo 2024 Massimo Artusi, della Romana Diesel Spa, e componente del Board dell’associazione dei dealer europei AECDR, è stato nominato all’unanimità presidente Federauto per il triennio 2024-2027. Con lui, abbiamo parlato dei piani della Federazione per il prossimo futuro.

L’INTERVISTA AL PRESIDENTE FEDERAUTO

DL: Il 2025 è sempre più vicino. In che modo la Federazione si approccia alla transizione elettrica?

MA: Con una convinzione, un impegno e un auspicio. La convinzione è che decarbonizzare i trasporti è un obiettivo ineludibile per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente, ma si tratta di un processo che va affrontato laicamente e con le dovute competenze, senza cedere all’ideologia semplicistica della soluzione unica – quella elettrica – che, oltre a non essere carbon neutral nel suo ciclo di vita, ci costringerebbe ad essere dipendenti da filiere extraeuropee.

Occorre quindi valorizzare tutte le alimentazioni alternative, svecchiando da subito un parco automobilistico che oggi è troppo climalterante, inquinante e insicuro, con la prospettiva futura di poter scegliere il vettore energetico più adatto alla missione di trasporto a cui è designato il veicolo.

DL: Nel mondo della mobilità, l’auto sta perdendo il proprio predominio. Quale l’impatto sui dealer?

MA: Non credo che il ruolo dell’automobile perderà la sua centralità. Sono anni che si cerca, soprattutto in Italia, di scoraggiarne l’impiego, ma sempre con scarsi risultati. È vero, però, che il mondo cambia e di conseguenza si modifica anche il modo di percepire l’uso dell’automobile, inseguendo le complessità della nuova realtà, enfatizzate dalla crescente diffusione delle tecnologie. Pensate a un automobilista che deve acquistare un’auto. Non è più come una volta quando bastava decidere modello e colore.

Oggi il ventaglio delle scelte e delle variabili è molto più ampio ed è collegato ad un futuro molto prossimo da un complicatissimo intrico di incentivi, nel quale non è facile raccapezzarsi. In questa situazione il ruolo dei dealer diventa determinante per la loro presenza capillare sul territorio, per la loro capacità di relazionarsi con le necessità del cliente, per la loro professionalità nell’accompagnarlo a usare al meglio il suo veicolo anche dopo l’acquisto. Se il mondo cambia, è evidente che anche il dealer deve cambiare, ma certamente in questo è avvantaggiato perché a contatto com’è con il mercato, è il primo ad accorgersi dei cambiamenti.

DL: Il possibile passaggio al contratto di agenzia sarà un cambiamento o uno svantaggio certo?

MA: È ancora tutto da vedere. Non dimentichiamo che il Regolamento europeo nasce per garantire il consumatore finale da accordi verticali tra costruttori e distributori a scapito della libera concorrenza, ma di fatto si può tradurre – secondo l’interpretazione di alcuni – in un accorciamento della filiera che trasformerebbe i concessionari (che sono degli imprenditori) in agenti (che sono di fatto dei dipendenti).

Non vedo quale vantaggio possa provenire al consumatore finale dall’acquistare, in pratica, direttamente dalla casa. Al contrario, egli verrebbe a perdere quell’interfaccia che da una parte lo accompagna – da soggetto terzo – in una scelta e dall’altra lo tutela dalle politiche del costruttore che, non conoscendo le problematiche della distribuzione, rischia di far prevalere le proprie scelte. Non è un caso che chi ha adottato il modello di agenzia ha perso quote di mercato e che oggi ci sia molta più prudenza nel seguire questa strada.

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DL: Come procede il dialogo delle istituzioni e il lavoro sugli incentivi?

MA: Il dialogo c’è e questo è molto importante, non solo per gli incentivi, ma per tutto il quadro delle problematiche dell’automotive. Non direi che il governo si è dimenticato dell’automotive, ma dobbiamo prendere atto che fa fatica a dare risposte sul sostegno a un mercato che ha un bisogno assoluto di essere svecchiato e di essere indirizzato verso la decarbonizzazione. All’inizio di maggio il piano ministeriale da 950 milioni era ancora alla Corte dei Conti. Ci rendiamo conto che questi passaggi burocratici sono obbligatori, ma si tratta di uno stanziamento che doveva partire sei mesi fa.

La conseguenza è che per tutto questo periodo il mercato è entrato nella solita stagnazione che caratterizza le fasi di attesa di incentivi. Lo stesso risultato di aprile (+7,5%) apparentemente positivo è solo un esito tecnico dovuto ai due giorni lavorativi in più rispetto ad aprile 2023 e, dunque, si tratta in realtà di una conferma dei livelli di marzo che aveva ceduto il 3,7%. Per di più i veicoli elettrici, che dovrebbero trarre il maggior beneficio dagli incentivi, sono in forte flessione (-20,8%), perdono ulteriore quota sul mercato e restano molto lontani dal traguardo fissato dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) che indica 4,3 milioni di BEV e 2,3 milioni di plug-in al 2030. È importante, perciò, che a una maggiore spinta verso misure improntate a una logica di neutralità tecnologica, si aggiunga una revisione delle politiche fiscali che oggi penalizzano le imprese italiane, rallentando il rinnovo del parco circolante.

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