Crolla il prezzo del petrolio: benzinai in sciopero?

Coronavirus: l'appello dei benzinai

Calano i prezzi di benzina, bollette e trasporti, come conseguenza diretta del crollo del petrolio.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito, in particolare nei distributori di carburante, un graduale ma significativo ribassamento dei prezzi, determinato dall’incidenza di diversi fattori, che insieme hanno fatto precipitare l’oro nero.

La difficile situazione che sta affrontando, non solo il mercato italiano, ma anche quello mondiale, sta avendo forti ripercussioni su tutta l’economia, precipitata ormai in un clima di forte incertezza.

Le normative, sempre più stringenti sulla chiusura di tutte le attività non ritenute essenziali hanno scatenato sentimenti di protesta da parte di diverse categorie di lavoratori, che sentono minacciata la loro sicurezza.

BENZINAI IN SCIOPERO: SERVE SOSTEGNO DA PARTE DEL GOVERNO

Gli impianti di rifornimento carburanti sono considerati un servizio di prima necessità e quindi non rientrano tra le attività che dovranno chiudere, secondo l’ultimo aggiornamento del DCPM del 22 marzo.

“Hanno continuato a fare il loro lavoro (ridotto mediamente dell’85%) a rischio della propria incolumità e mettendo in pericolo la propria salute, presidiando fisicamente il territorio”, recita la nota congiunta delle associazioni di categoria Faib, Fegica Figisc/Anisa, denunciando anche il drastico calo del fatturato esasperato dal crollo del grezzo.

Senza sostegno economico e sanitario i benzinai minacciano di incrociare le braccia, partendo dalla chiusura dei distributori districati sulla rete autostradale nazionale.

DAL 25 MARZO CHIUSI I BENZINAI?

Così affermano le associazioni di settore che, non sentendosi tutelati, annunciano l’inizio dello sciopero dei benzinai a partire dalla notte del 25 marzo. Interviene subito il Governo, con una conferenza web tra Stefano Patuanelli, Ministro dello Sviluppo Economico, Paola De Micheli, Ministro dei Trasporti, e le associazioni.

Emergenza Coronavirus: i benzinai minacciano di scioperare

L’intervento serve solo a calmare le acque, non giungendo a nessun punto di incontro tra le parti, che ritirano lo sciopero, non avendo rispettato il preavviso minimo di 10 giorni imposto dalla legge sugli scioperi, come sottolinea il Presidente dell’Autorità di garanzia per gli scioperi Giuseppe Santoro Passarelli.

CHIUSURA DEI BENZINAI: LE CONSEGUENZE

Uno sciopero metterebbe in ginocchio il Paese: “se si interrompe la distribuzione del carburante, tutti i veicoli, anche quelli che portano la distribuzione alimentare, si fermano, e quindi si può creare un blocco molto fastidioso per gli interessi dei cittadini, che vengono così compromessi”, dichiara Passarelli in un’intervista al Sole24Ore.

Il Premier Conte rassicura i cittadini, con un’ordinanza che garantirà i rifornimenti in tutta la Nazione:

“Mi auguro che non ci sia alcuno sciopero di sorta. In questa fase il Paese non se lo può permettere e questo vale anche per i distributori dei carburanti. Confido che questi annunci possano rientrare, la filiera alimentare e il rifornimento del carburante saranno assicurati. Il ministro alle Infrastrutture e ai trasporti Paola De Micheli sui carburanti adotterà un’ordinanza in modo da assicurare i rifornimenti nella penisola. È chiaro che in questo momento dobbiamo presidiare le attività essenziali.”

PERCHÉ IL PREZZO DELLA BENZINA È CROLLATO?

Tensioni geopolitiche, il crollo delle Borse e la pandemia di Coronavirus hanno giocato un ruolo fondamentale per il calo del greggio, che ha raggiunto il costo più basso degli ultimi dieci anni, arrivando anche al di sotto dei 25 dollari al barile.

Quali sono le cuase del crollo del prezzo petrolio?

“Anche il crollo della domanda ha avuto esiti determinanti sui prezzi”, afferma Fabio Curtacci, Italy Cards Sales & Operations Manager Kuwait Italia, “Gli effetti, già visibili in questi giorni, saranno poi analizzabili concretamente una volta terminata l’emergenza”.

Sebbene non si possano fare previsioni, L’IEA (International Energy Agency) ha però ipotizzato un continuo ribasso della domanda di petrolio nelle prossime settimane, per la prima volta nell’ultimo decennio.

L’INIZIO DEL CROLLO

L’Arabia Saudita ha dichiarato una vera e propria guerra dei prezzi ai Paesi non Opec, dopo che l’accordo OPEC+ è andato in fumo a inizio marzo.

L’unione, se così possiamo chiamarla, tra Opec e non Opec doveva avere lo scopo di contenere i prezzi del petrolio, per mettere in difficoltà produttori Newcomer, già soggetti a elevati costi di estrazione, ma anche per evitare improvvisi crolli dei prezzi, che avrebbero messo in crisi l’economia dei produttori tradizionali.

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Il piano OPEC+ aveva quindi l’obiettivo di mantenere il prezzo del petrolio sopra il limite dei 50/60 dollari al barile, per fronteggiare una domanda stagnante, ma l’accordo è andato in fumo, dal momento che le parti hanno mostrato interessi differenti.

La contrazione economica mondiale si è dimostrata essere un’occasione d’oro per la Russia di attaccare i produttori americani, mentre l’Arabia Saudita puntava a una riduzione delle quote di produzione di circa un milione e mezzo di barili al giorno.

LA GUERRA DEI PREZZI

Riuniti a Vienna i vertici dell’Opec (Arabia Saudita) e del non Opec (Russia) dovevano rinnovare l’alleanza, ma l’accordo è andato in fumo. E di fronte all’opporsi russo di scendere a patti sui tagli alla produzione, è iniziata la ritorsione saudita.

I Paesi dell’Opec hanno annunciato quindi un incremento della produzione, garantendo considerevoli sconti sulle forniture per i Paesi Occidentali, per costringere i russi a sottoscrivere l’accordo.

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