Dealer, aftersales e intelligenza artificiale: un incontro inevitabile

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L’Intelligenza Artificiale è diventata, specie negli ultimi anni, un’elemento sempre più importante nel mondo dell’automotive. Oltre a venire sempre più utilizzata dai costruttori, anche i dealer e i tanti attori attivi nella filiera dell’aftersales hanno iniziato a integrare sempre più questa tecnologia all’interno del porprio business.

Tuttavia, sono ancora molti i dubbi e la diffidenza che ruotano attorno alle opportunità (e rischi) legati all’impiego dell’AI. Prima fra tutti, la paura che questa soluzione possa un giorno essere l’unico componente indispensabile all’interno delle aziende, diventando un freddo e cibernetico sostituito dell’uomo e mettendo a rischio milioni di posti di lavoro.

Oltre a questo un secondo “cliché” riguarda il fatto che l’Intelligenza Artificiale sia infallibile e che, una volta inserita all’interno dei sistemi informatici di un’azienda sia subito in grado di risolvere qualsiasi tipo di problematica.

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Il grosso limite di demarcazione che separa questi orizzonti degli eventi dalla realtà dei fatti giace nel mondo con il quale questa tecnologia viene utilizzata. “L’Intelligenza Artificiale – ci ha detto Marco Biagiotti, Innovation manager ed esperto di AInon è una calcolatrice in grado di dare un risultato matematico, ma è piuttosto un grosso sistema statistico che dà dei risultati opinabili”.

Una tecnologia che, presto o tardi “dovrà essere utilizzata necessariamente, perché tutti, presto o tardi, inizieranno a utilizzarla, quindi non possiamo essere tagliati fuori”. Una matrimonio, quello fra AI e settore automotive, già scritto ma che deve essere affrontato “mantenendo un alto livello di competenza perché, altrimenti, siamo nei casini“.

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L’importanza del dato

Un primo step che dealer, officine e ricambisti è la raccolta di informazioni che l’Intelligenza Artificiale può elaborare. “Per usare questo strumento – ha sottolineato Biagiotti – è necessario partire in un settore che non riguarda neanche l’intelligenza artificiale direttamente che è quello della raccolta dei dati”.

Un lavoro che deve essere fatto perché presto i modelli di AI saranno a disposizione praticamente di tutti (molti di loro lo sono già) e nel corso del tempo avranno anche dei costi marginalmente sempre più bassi.

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Marco Biagiotti, Innovation Manager ed esperto di AI

L’elemento di differenziazione vero sarà il dato che noi diamo in pasto all’intelligenza artificiale. Quindi, una concessionaria, un’officina, una carrozzeria o un qualsiasi player del settore automotive deve iniziare fin da subito a registrare correttamente i dati, trascrivere le telefonate, utilizzare i CRM, ad avere quelle informazioni di base che potranno servire poi a far funzionare bene l’AI per migliorare il proprio business”.

In parole povere l’AI “mangia” ed elabora i dati che noi immettiamo all’interno del suo sistema: più ne mettiamo meglio è. Risulta quindi importante, fin da subito, registrare qualsiasi informazione, anche la più stupido e la meno significativa. Tanto, sarà la stessa intelligenza artificiale a capire come e se usarla.

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Un sostituto dei lavoratori?

Nonostante l’Intelligenza Artificiale può, in effetti, semplificare molto alcuni compiti che al momento richiedono per forza l’impiego umano, il pensiero che questa tecnologia possa sostituire in toto le persone è sbagliato.

L’AI non è infatti da intendersi come un semplice strumento, ma come un paradigma, in grado di dare un ordine all’interno del caos. Per questo è importante non dimenticare le tantissime competenze “umane” che ci hanno portato fino a questo livello tecnologico.

“Se con una persona riusciamo ad arrivare a 100, con la sola Intelligenza Artificiale riusciamo ad arrivare a 100. Ma con quella persona che lavora in sinergia con l’intelligenza artificiale è possibile raggiungere, magari 10.000. Quindi vogliamo rimanere a 100 o vogliamo arrivare a 10.000? La risposta a questa domanda ci fa capire se possiamo permetterci di licenziare un lavoratore o se tenerlo all’interno dell’organico dell’azienda“.

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Un aiuto per (ri)avvicinare l’automotive alle nuove generazioni

Una delle prospettive più interessanti dell’AI è che potrebbe essere un valido alleato per un mercato, quello automotive, guardato con sempre meno interesse dalle nuove generazioni. I giovani di oggi, in particolare la Gen Z, pensano sempre meno alla proprietà e sempre più al possesso, ma addirittura anche sempre meno al possesso e sempre più all’accesso.

Basti pensare alle piattaforme di streaming come Netflix e Spotify ma anche alle nuove formule di noleggio delle auto. Tutte forme di business che richiedono velocità e semplificazione. Cosa nella quale il mercato delle quattro ruote non primeggia particolarmente.

“Quello che spesso noi facciamo, soprattutto in Italia – ha precisato Biagiotti – è burocratizzare dei processi, anche dove non serve. Questo è uno dei problemi più grossi che abbiamo con le nuove generazioni, decisamente più smart e intelligenti. Loro non si fermano alla superficie: vogliono andare a fondo, scavando per capire quello che c’è dietro quello che vedono”.

E una delle cose sulla quale l’Intelligenza Artificiale può intervenire è rendere i testi relativi a contratti, marketing e advertisment relative a case auto, concessionari e lavoratori del comparto aftersales più comprensivi, accattivanti e meno verbosi.

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“Un primo consiglio su come utilizzare l’Intelligenza Artificiale per avvicinarsi alla Gen Z è quello di dire all’AI: ‘Ho questo testo, per favore ChatGPT, Gemini, Cloud o qualsiasi altra forma di intelligenza artificiale puoi trasformarlo in un qualcosa che sia più comprensibile?‘”.

Se in passato l’utilizzo di avverbi o di forme burocratiche serviva a dare una qualificazione di professionalità, fa apparire il business dell’automotive “vecchio e vetusto” sotto un certo punto di vista. Una cosa che sembra creata per far perdere tempo.

La Gen Z non ha voglia di sprecare il porprio tempo – ha concluso Biagiotti – ma soprattutto non ha voglia di essere presa in giro. Troppo spesso si vedono ancora delle pubblicità che strizzano alle nuove generazioni, che usano termini come ‘ciaone’, ‘mai una gioia’, ‘solo cose belle’. La gente, questi termini, non li usa più e anzi, molti giovani definirebbero queste parole come ‘cringe’, imbarazzanti.

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