Russia-Ucraina: gli effetti della guerra sull’automotive

Ai drammatici costi umani, la guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina aggiunge preoccupanti effetti economici, che si ripercuotono anche sul settore dell’automotive. La Russia, pur avendo un Pil non paragonabile a quello dei paesi dell’Ue, resta tra i maggiori esportatori al mondo di petrolio e gas naturale.

E le sanzioni di carattere economico imposte dall’Unione Europea al paese guidato da Putin potrebbe avere gravi ripercussioni sul mondo delle auto, già provato dalla pandemia e dall’ormai cronica carenza di semiconduttori.

La carenza di materie prime

Dallo scoppio della guerra, il prezzo del petrolio è schizzato arrivando a superare, per la prima volta in 8 anni, i 100 dollari al barile. Aumentato di oltre il 20% anche il valore di materie prime essenziali per la produzione auto come alluminio e palladio, di quest’ultimo la Russia detiene il monopolio mondiale. Alla Russia si deve poi l’11% della produzione globale di nichel, necessario alla produzione di batterie per auto elettriche, e circa il 4% del cobalto mondiale, ingrediente fondamentale degli accumulatori.

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Il problema del cablaggio

Per quel che riguarda l’Ucraina, il paese ospita 22 società straniere che, complessivamente, gestiscono 38 fabbriche di cablaggi, parti elettroniche, sedili e altri prodotti per l’industria dell’auto. Le aziende ucraine produttrici di cavi di cablaggio – ne servono circa 5km per una singola vettura – hanno interrotto la produzione e adesso alcune tra le più importanti case automobilistiche europee come Porsche, Volkswagen e Bmw sono costrette allo stop produttivo.

L’embargo dei costruttori

Anche l’export risente del conflitto. Continua a crescere il numero di case automobilistiche (cui si aggiungono fornitori di energia e produttori energetici) che ha scelto di interrompere la vendita di veicoli in Russia. Al momento, ad aver sospeso ordini e consegne nel paese ci sono General Motors, Renault, Daimler Truck, Volkswagen, Volvo, Gm, Jaguar e Land Rover.

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